Il gruppo consiliare di Lecce Città Pubblica, guidato da Pierpaolo Patti, e l’omonima associazione, presieduta da Francesco Calabro, hanno chiesto al sindaco, Carlo Salvemini e all’assessora all’Urbanistica, Rita Miglietta, di esercitare tutte i loro poteri amministrativi per verificare la corretta ottemperanza da parte di Snam delle prescrizioni imposte per la realizzazione del metanodotto che deve collegare il Tap al sistema nazionale di distribuzione del gas.
L’opera di interconnessione, infatti, attraversa il territorio comunale di Lecce per 22,5 chilometri su un totale di 55,5 di tracciato (il calcolo per superficie utilizzata è di 900mila metri quadrati su 2,2 milioni). Circa 14 chilometri interferiscono con uliveti, anche secolari, interessando aree a forte valenza paesaggistica (per esempio nei pressi dell’abbazia di Santa Maria a Cerrate). Si stima che degli 8mila 600 alberi interessati, oltre 3mila siano nel territorio leccese. L’Università del Salento, attraverso il dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali, aveva già in passato formulato le proprie perplessità rispetto alla movimentazione in tempi brevi di un numero così alto di ulivi (da espiantare e poi ricollocare).
Lecce Città Pubblica, che è un soggetto politico fondato direttamente dall’attuale primo cittadino alcuni anni addietro, sollecita dunque un’opera di vigilanza costante e puntuale da parte di Arpa e di Ispra, le agenzie regionali deputate al controllo del rispetto delle prescrizioni al progetto.
Già nella prima amministrazione Salvemini, la cui esperienza si interruppe dopo 18 mesi per il venir meno della maggioranza, si oppose al progetto di metanodotto approvando in consiglio comunale il parere negativo – era l’ottobre del 2017 – che poi l’assessora Miglietta portò a Roma in conferenza dei servizi insieme (dove si opposero anche tutti gli altri Comuni interessati). Prima di allora, ricorda Lecce Città Pubblica con riferimento all’amministrazione di centrodestra che ha governato fino alla primavera del 2017, “il Comune di Lecce aveva sempre disertato gli appuntamenti istituzionali e ignorato le richieste di pronunciamento”.
In quel parere si diceva che “l’unitarietà dei due metanodotti (Tap e Snam), pur distinti sotto il profilo dei soggetti proponenti e degli iter autorizzativi seguiti, assume un duplice profilo problematico nell’impatto del progetto nel territorio comunale di Lecce” e che “l’autonomia dei processi autorizzativi relativi agli impatti ambientali non ha determinato fino ad oggi un’analisi integrata degli impatti complessivi ed unitari, ovvero comprensiva degli effetti che si determinano su tutti i territori che sono contestualmente attraversati dai due metanodotti”.
Questa impostazione è stata ripresa anche in sede giudiziaria. Nella perizia commissionata a tre esperti nell’ambito dell’incidente probatorio sull’applicabilità o meno della normativa Seveso – più stringente di quella ordinaria – al progetto del terminale di ricezione, è stato messo nero su bianco che “il processo di Via doveva necessariamente tenere conto degli effetti cumulativi dei due progetti non solo per l’aspetto paesaggistico, ma in maniera più ampia sia per quanto riguarda la tutela della salute umana (anche a prescindere dall’applicazione della direttiva “Seveso” o meno) sia per quanto riguarda la tutela degli ecosistemi interferiti).