In città si assiste ai preliminari di quelle che potremmo senza dubbio chiamare ”grandi manovre”, in vista del voto delle amministrative del 2024.
L’impressione, da leccese, è quella che la partita in gioco si agganci evidentemente a scenari sovra cittadini, neanche tanto celati.
Francamente credo si tratti di un arretramento, se si guarda al passato recente: a quando cioè la nostra comunità ha dimostrato di essere matura, di saper rompere -anche al primo turno- rapporti decennali consolidati, addirittura cristallizzati, che per lunghi anni hanno reso il momento del voto quasi una formalità. Gli anni del “sine putimu” e del “bilancio inattaccabile”, dei 30 e addirittura 40 punti percentuali di distacco tra il centro destra ed il centro sinistra.
Allora accadde, per certi versi inaspettatamente, che i partiti collocati nel campo del centro sinistra seppero intercettare il grande fermento della società civile, vera protagonista di una piccola ma significativa rivoluzione, in particolare rappresentata dalle varie forze civiche, che intercettarono la domanda di cambiamento.
Una buona parte della comunità cittadina, divenuta la maggioranza di coloro che hanno espresso il proprio voto, si è sentita al centro di una proposta di cambiamento: i giovani professionisti e non solo sono usciti dai propri studi, dalle proprie attività, per dedicarsi alla cosa pubblica, facendo proposte, frequentando incontri, contaminando le discussioni, casa per casa, strada per strada, cena per cena; giovani e meno giovani si sono messi in gioco personalmente, perché volevano che la propria città camminasse finalmente a passo spedito verso un futuro fatto di accessibilità, servizi, sostenibilità, trasparenza. Alcuni di loro, tra cui il sottoscritto, sono stati eletti, costituendo un consiglio comunale inedito all’80%.
Oggi è il momento di chiedersi quanta di quella partecipazione sia rimasta con lo stesso entusiasmo, con la stessa voglia di sentirsi protagonista sul serio, e quanta di quella domanda di cambiamento sia stata corrisposta e soddisfatta.
Su una cosa credo si possa convenire: la comunità cittadina ha dimostrato capacità di discernimento, e voglia di riscatto. Il dizionario è cambiato, alcuni termini della vecchia politica non sono più in voga e questo è senza dubbio un risultato che ciascuno, sia dalla maggioranza che dall’opposizione, può rivendicare, perché p divenuto patrimonio collettivo.
Ancora più significativo mi pare il fatto che tutto ciò sia avvenuto senza necessità di ingerenze esterne, ma con una proposta chiara, fatta di visione, coinvolgimento ed entusiasmo: tutti ingredienti che costituiscono il carburante della buona Politica.
Per questo, credo, sarebbe un grave errore se la politica cittadina dovesse, nel prossimo futuro, accettare o subire direttive direttamente da Bari. Anche perché è una strategia che in passato non ha pagato, in quanto il consenso dei cittadini non ha premiato le proposte che venivano da Maglie né, tantomeno, quelle che provenivano da Nardo. Pertanto, non credo che avrebbero esito diverso quelle dettate dal capoluogo di regione!
D’altronde -dicendola in maniera colloquiale- se i leccesi non erano fessi prima, viene spontaneo chiedersi perché dovrebbero esserlo diventati in questi quattro anni?
Sono convinto, viceversa, che il voto alle comunali sia -e debba essere- un momento straordinario della vita democratica di una comunità e che vada affrontato rimettendo quanto sin qui fatto ma anche quanto si intenda fare al giudizio dei propri concittadini e delle proprie concittadine, senza benedizioni dall’alto ma con la serenità di chi crede che debba essere il bene comune, e non i destini personali dei singoli, il faro di chi si candida alla guida della città, della nostra città.
Lecce, 25.05.2023
Pierpaolo Patti